Gestione del Colore
Il problema alla base delle gestione del colore
- In un mondo ideale scanner e fotocamere sarebbero in grado di catturare qualsiasi colore, così come monitor e stampanti sarebbero in grado di visualizzarlo e riprodurlo.
- Purtroppo nella realtà ciò non accade, perché ogni periferica ha caratteristiche diverse ed “interpreta” il colore in un modo personale.
- Se i problemi di coerenza cromatica esistevano in realtà già ai tempi della pellicola, è il digitale che ha permesso la messa a punto di tecniche volte a minimizzare le differenze cromatiche nei vari passaggi del flusso di lavoro, facendo sì che il colore sia prevedibile. Si tratta appunto della GESTIONE DEL COLORE
Flusso di lavoro senza Gestione del Colore
Flusso di lavoro con Gestione del Colore
Il Colore per le periferiche
Qualsiasi dispositivo atto a generare o catturare una immagine deve poterne rappresentare le tinte attraverso un modello colorimetrico fondato su colori primari.
Nel caso delle immagini digitali si utilizza la sintesi additiva, basata sulla una terna (RGB)
Ogni periferica, però, fa riferimento a primari diversi, motivo per cui la stessa terna numerica di valori RGB inviata alla periferica “A” od alla periferica “B” porta alla rappresentazione di colori diversi, a causa delle caratteristiche proprie della periferica.
Se è certo che la terna di valori RGB 0, 255, 0 indichi il verde puro, per la precisione il verde-più-verde che una periferica sia in grado di riprodurre, è altrettanto certo che inviando la medesima “ricetta” a svariate periferiche, otterremo un verde diverso per ciascuna di esse.
Affinché i valori RGB possano acquisire un significato univoco, è fondamentale che il comportamento cromatico delle periferiche venga misurato, descritto e reso confrontabile su una scala di riferimento, indipendente dalla periferica.
Ma quale sarà questa scala di riferimento?
Il Profilo di colore
La gestione del colore, disciplina che tra le altre cose comprende la conversione del colore, è basata su una sorta di catena, le cui maglie sono i profili ICC delle periferiche coinvolte nel flusso di lavoro.
I profili ICC delle periferiche sono file, che prendeno il nome dall’International Color Consortium che ne ha definito gli standard, contiene, tra le altre cose, la descrizione dei colori che le periferiche sono (o non sono in grado di riprodurre) ed il loro collocamento nello spazio CIE 1931, che funge da piano di riferimento.
Ed è proprio grazie alla relazione con questo spazio di riferimento che potremo effettuare dei confronti per capire se un colore possa essere riprodotto, o meno, da tutte le periferiche del nostro flusso di lavoro.
Coniugando la terna di valori RGB di una tinta con il profilo colore dei device, inoltre, potremo capire il diverso significato che gli stessi numeri assumeranno a seconda delle caratteristiche delle periferiche coinvolte.
Nel confronto tra due monitor rappresentato nell’immagine di esempio salta subito all’occhio che, inviando il valore Rosso 255, i due monitor visualizzeranno lo stesso colore. Inviando il valore Blu 255 visualizzeranno “quasi” lo stesso colore mentre inviando il valore Verde 255 il risultato sarà decisamente differente. In questa area dello spettro i due display hanno infatti un comportamento molto diverso.
Conversione di colore
CAMBIARE I NUMERI PER NON CAMBIARE COLORE
Capito come e perché, a parità di numeri, possano corrispondere colori diversi, non resta che capire come i numeri debbano invece cambiare per mantenere colori costanti
La conversione colore è fondamentale per garantire la coerenza, e quindi la costanza, del colore delle nostre immagini al variare della periferica.
La gestione del colore, disciplina che tra le altre cose comprende la conversione del colore, è basata su una sorta di catena, le cui maglie sono i profili ICC delle periferiche coinvolte nel flusso di lavoro.
Ogni profilo racchiude al suo interno l’elenco dei colori che la periferica a cui si riferisce è in grado di riprodurre, espressi con valori relativi alla periferica (device dependent).
Per ciascuno di essi sono però elencate anche le coordinate “assolute” in uno spazio colore di riferimento, Lab o CIE XYZ, che prende il nome di PCS: profile connection space o spazio di connessione tra profili.
Ed è proprio grazie a questo spazio di connessione che i software di grafica saranno in grado di effettuare i calcoli necessari a convertire il colore tra le varie periferiche.
Conversione di colore: esempio
Realizziamo uno scatto con la fotocamera: ogni pixel dell’immagine sarà descritto da tre valori RGB, rappresentativi dei colori del soggetto in quello specifico punto. Riferiamoci ad esempio alla terna 80/76/142 evidenziata nella tabella. Affinché tali valori RGB abbiano senso, dovranno essere messi in relazione con il profilo colore della fotocamera impiegata.
Caso semplice
- Spazio di colore A sorgente compreso nello spazio di colore B di destinazione
- La nostra periferica di destinazione è in grado di riprodurre tutti i colori scritti nel file dalla periferica di origine, grazie ad un corretto uso della conversione colore avremo la certezza di poter riprodurre correttamente i colori catturati.
Caso problematico
- lo spazio di origine B maggiore dello spazio A di destinazione.
- Abbiamo una certa quantità di colori – quelli evidenziati dall’area rossa – che non possono essere riprodotti dalla periferica utilizzata.
- Non possiamo spingere monitor e stampanti a superare i loro limiti.
Spazio Colore dei Monitor: SRGB e Adobe RGB
I monitor di utilizzo quotidiano, da quello del PC a quello dello smartphone, non possono riprodurre tutti i colori visibili all’occhio umano ma hanno dei limiti. Questi limiti sono definiti come spazio colore, detto anche “gamut” in inglese
Lo spazio colore di riferimento è lo spazio colore più grande di tutti, il CIE 1931. Questo non è altro che l’insieme di colori visibili per l’occhio umano.
Tutti gli altri spazi colore come sRGB e Adobe RGB sono un sottoinsieme del CIE 1913.
Lo spazio colore più grande è l’Adobe RGB che copre il 52,1% del gamut CIE 1913. Avendo più colori disponibili, le foto risulteranno più fedeli alla realtà. Il tutto si traduce anche in colori più vividi e piacevoli.
Quando scegliere sRGB
Se prendiamo in considerazione solamente lo spazio di colore disponibile , allora Adobe RGB > sRGB. Questo però non vuol dire quasi niente. Quello che conta maggiormente è l’utilizzo che ne fai del monitor. Se compri un’auto da 300 cavalli per fare il tragitto casa-supermercato, sono soldi buttati e potenziale non sfruttato. Esattamente la stessa cosa vale per lo spazio colore.
Se lavori principalmente sul web, una copertura quanto più grande dell’sRGB (99%-100%) è sufficiente.
Quando scegliere Adobe RGB
Se invece sei un fotografo professionista e utilizzi la stampa delle foto, devi prendere in considerazione un monitor con una copertura Adobe RGB. Anche in questo caso c’è da prestare attenzione al fatto che molti servizi di stampa non usano questo spazio colore ma si affidano al classico sRGB.
Se modifichi foto in Adobe RGB e le stampi in sRGB, il risultato finale non sarà ottimale.