Classe 1982, Davide Quayola è un’artista di origine romana tra i più importanti esponenti della media-art a livello internazionale.
Si è da poco chiusa a Roma la sua prima personale che ha presentato un panorama completo della creazione dell’artista attraverso un viaggio immersivo nei principali temi della sua arte computazionale animata da un confronto permanente tra l’educazione classica dell’artista e il suo uso quotidiano dei mezzi di espressione visiva più futuristici.
Arte computazionale? forse è utile cambiare le lenti con cui tradizionalmente guardiamo un’opera d’arte. Nell’arte digitale la tecnica non è più qualcosa di semplicemente funzionale, atta alla risoluzione di uno scopo, ma essa diventa lo strumento per eccellenza del produrre: qualcosa che rende presente ciò che prima non era. Concetti già espressi nei trattati filosofici della metà degli anni ’50, all’alba dell’era digitale.
Fatta propria questa interpretazione, le opere di Quayola stupiscono per l’equilibrio tra la visione più classica e quella più futuristica e per la maestria nell’uso delle tecniche digitali.
La mostra di Roma si sviluppava in tre aree tematiche: iconografia classica, sculture non finite, e tradizione della pittura di paesaggio.
Utilizzando sistemi di robotica, Intelligenza Artificiale (AI) e software generativi, Quayola trasforma la tecnologia computazionale in una nuova tavolozza: dipinti rinascimentali e del barocco sono trasformati in complesse composizioni digitali attraverso metodi computazionali, e sculture ispirate alla tecnica michelangiolesca del non-finito sono scolpite mediante mezzi robotici. Seguono rappresentazioni della natura, prodotto di un’arte generativa che evidenzia l’affascinante – benché paradossale – somiglianza tra il mondo naturale e quello digitale.
Dinanzi a videoproiezioni, sculture, e stampe ad altissima definizione, gli spettatori hanno la possibilità di confrontarsi con le incredibili potenzialità artistiche di questi mezzi espressivi – lontane dai cliché di una tecnologia disumanizzata – e di acquisire, inoltre, indispensabili strumenti di lettura della nostra società contemporanea.
Nonostante il cambio di medium espressivo, lungo il percorso espositivo emerge il carattere comune della ricerca artistica che ha caratterizzato il passato e che continua nel presente: una reinterpretazione del “classico” messo a confronto con le grandi opere dei Maestri riprodotte su “cartelli pedagogici” non solo per facilitare la visita degli spettatori, ma allo stesso tempo per fare da guida nell’esplorazione e nella comprensione del “codice Quayola”.
Parte integrante della mostra e massima espressione della capacità innovativa e tecnologica di Quayola è la presentazione delle sue sculture robotiche: in questo caso, il dialogo con i grandi artisti del passato e soprattutto con Bernini è alla base dello sviluppo di un corpo scultoreo mai visto, realizzato con il supporto di un sistema robotico AI.
Un mondo computazionale visto di sovente agli antipodi del regno naturale, ma che Quayola reinterpreta mostrando come l’arte generativa sia forse il mezzo ideale per esplorare la natura. Le sue serie botaniche come Jardins d’été mettono in luce l’affascinante, anche se paradossale, somiglianza tra il mondo naturale e quello digitale.
Esiste, infatti, un processo “organico” parallelo sia nella vita naturale che in quella algoritmica: nei due regni, della natura e del digitale, si può osservare un processo generativo, che segue una logica di sé. Con una natura artificiale così vicina nella sua verità al mondo naturale, Quayola inventa una nuova forma di Impressionismo.
Nella nostra era digitale, l’arte di Quayola ci aiuta a pensare e comprendere il mondo in cui viviamo. Sviluppando opere che assumono sia una forma immateriale (come i video) che materiale (come le stampe o le sculture), l’artista ci illumina sul paradosso di un’immaterialità che è di fatto una nuova forma di materialità. Il giusto linguaggio per esprimere una visione del mondo del XXI secolo.
Nonostante la sua giovane età, Quayola vanta un curriculum internazionale con mostre in importanti musei, fra i quali il V&A Museum, Londra, Park Avenue Armory, New York, il Bozar, Bruxelles, il Centro Nazionale d’Arte, Tokyo, l’UCCA, Pechino, l’HOW Art Museum, Shanghai, e il Palais de Tokyo, Parigi. Ha partecipato a importanti Biennali, quali quella di San Paolo, e festival quali il Sónar di Barcellona e il Sundance Film Festival di Park City. Ha vinto premi prestigiosi come il Golden Nica dell’Ars Electronica Festival.
Quayola ha inoltre lavorato a progetti sperimentali con compositori, orchestre e musicisti tra cui London Contemporary Orchestra, Orchestre National Bordeaux Aquitaine, Ensemble Intercontemporain, Vanessa Wagner, Jamie XX, Mira Calix, Plaid e Tale Of Us.
Per saperne di più: https://www.fondazioneterzopilastrointernazionale.it/project/quayola-a-palazzo-cipolla/
#credits. Fondazione Terzo Pilastro Internazionale