Arteterapia: l’arte che “cura”.
“ Spesso accade che le mani sappiano svelare un segreto attorno al quale l’intelletto si affanna inutilmente”
C.G.Jung
Esprimere se stessi attraverso le immagini è qualcosa di ancestrale, di antico, che ci appartiene, appartiene a ciascuno di noi, da sempre.
Se ci pensiamo infatti il potere catartico e riparatorio dell’arte lo avevano già intuito i nostri antenati, gli uomini preistorici: iscrizioni rupestri, incisioni, impronte, raffigurazioni di riti propiziatori, animali, belve feroci, paure da esorcizzare, momenti significativi del gruppo da ricordare.
Ma in che modo l’arte può rivelarsi efficiente ed efficace per l’individuo e il suo benessere, la sua salute?
In che modo può considerarsi “terapeutica”? Quando possiamo parlare di arteterapia?
Per rispondere a questa domanda occorre brevemente contestualizzare questo approccio, nel tempo e nello spazio, poiché in Italia è una disciplina piuttosto recente (è infatti stata introdotta solo negli anni ’70).
Viene definita arteterapia “ l’insieme di pratiche di matrice plastico-pittoriche che permettono all’individuo di raggiungere e contattare le proprie emozioni, sentimenti, paure, percezioni, ricordi e di dare loro la possibilità di manifestarsi attraverso le immagini piuttosto che attraverso le parole”.(www.apiart.eu).
Si comprende quindi come solo con l’avvento delle teorie psicoanalitiche del ‘900, quando comincia ad emergere il concetto di “ mondo interno” col quale si intende tutto ciò che non è visibile agli occhi, ma che determina e condiziona grandemente il nostro particolare e unico modo di stare nel mondo, inizia a prendere forma l’idea per cui l’autoespressione possa essere di grande aiuto per gli individui e i gruppi sociali.
Già Freud nei primi del Novecento aveva cominciato a parlare del potente significato delle immagini e del fatto che queste raccontassero dell’aspetto più inconscio dell’individuo.
Jung dedicò un intero libro, Il libro rosso alla capacità delle immagini di innescare processi di autoanalisi e di cambiamento, gettando le basi per quella che è un pilastro della psicoterapia junghiana e cioè l’“ immaginazione attiva”. Attraverso questo metodo il pz. dà liberamente forma alle immagini del proprio inconscio lasciando così che i “mostri” che lo popolano, come li chiama lo stesso Jung, vengano portati alla coscienza e integrati o comunque riconosciuti dall’individuo, operazione necessaria per avviare un processo di guarigione.
Ma in Europa la vera pioniera dell’arteterapia viene da tutti riconosciuta nella figura di Friedl Ducker Brandeis, austriaca di origini ebraiche, insegnante d’arte che imparò presto come questa pratica potesse essere un legame con la parola, il suono, la forma, il colore, il gesto.
Nel ghetto di Praga cominciò ad osservare come i suoi piccoli allievi utilizzassero l’espressione artistica per elaborare i traumi, i lutti, e le violenze che alcuni di loro si trovavano a subire.
Nel ’42 venne deportata nel campo ci concentramento di Terezin e diventò maestra d’arte per migliaia di bambini ricoverati presso i dormitori del campo e allontanati dalle loro famiglie.
Qui, coi suoi laboratori artistici, ella si pose l’obbiettivo non di insegnare particolari tecniche, ma di riequilibrare il mondo emotivo di quei bambini sottoposti a situazioni traumatiche, lasciando che emergessero le loro emozioni. (interessante vedere alcuni di questi disegni che lei stessa riuscì a portare in salvo miracolosamente dentro una valigia)
Ma se con la Brandeis parliamo ancora di pionierismo dell’arteterapia, è negli Stati Uniti e negli anni ’50 dove si concretizza l’esperienza più significativa ai fini di una corretta definizione, come cioè di qualcosa che va ben al di là della semplice produzione di opere e del loro valore estetico/artistico.
Edith Kramer e Margharet Naumburg sono le due donne che per prime hanno intuito la potenza di questo strumento e dato vita a due dei principali orientamenti in arteterapia.
La Naumburgh, psichiatra e psicoanalista, ne propone un approccio dinamico.
Secondo questa teoria le immagini prodotte, più che le parole, vengono investite di un significato simbolico dal proprio autore e su di esse vengono proiettati emozioni e vissuti personali.
Attraverso le immagini quindi si svelano significati inconsci che vengono poi descritti e resi comprensibili grazie all’utilizzo dell’elaborazione verbale. In questo modo si può tornare ad esperienze passate rimosse, traumi o lutti non elaborati, fasi maturative che non sono state fluide, prenderne consapevolezza e iniziare così un percorso di cambiamento e crescita personale.
Di diverso orientamento il pensiero della Kramer che vede il processo creativo già di per se stesso terapeutico: arte come terapia appunto.
Fare arte attiva una serie di capacità, risorse, processi che diventano un vero e proprio mezzo di sostegno dell’Io, favorendo il senso d’identità e promuovendo una generale maturazione.
Le teorie non sono in contrapposizione tra loro, anzi! Si compenetrano e trovano entrambe spazio all’interno di una seduta di arteterapia. Chi ne facesse esperienza può rendersene conto immediatamente.
Come possiamo allora definire oggi l’arteterapia?
Mi preme innanzitutto che risulti comprensibile cosa NON E’…
L’arteterapia non è un corso per imparare a dipingere, non è un mero apprendimento o scoperta di tecniche, anche se è importante che l’arteterapeuta conosca queste tecniche, poiché ogni materiale artistico ha delle caratteristiche intrinseche, che gli sono proprie e che non sono sempre adatte a tutti.
Ciò che acquista significato non è il prodotto artistico finale nelle sue caratteristiche estetiche, ma il processo creativo: che tipo di materiale è stato utilizzato per esempio, come l’utente si è mosso all’interno del setting, cosa ha detto se ha parlato, le espressioni che ha usato e soprattutto il contatto con le proprie emozioni e sensazioni. Infine, ma non per questo meno importante, la relazione che si instaura tra utente e terapeuta.
L’arteterapeuta è infatti un esperto nella relazione d’aiuto, sa empatizzare e mettersi in ascolto autentico con l’utente in una situazione di totale sospensione del giudizio. L’utente in questo modo si sente accolto, ascoltato e visto: viene aiutato a mettersi in relazione con la propria immagine e a svelare quanto essa racconta e rappresenta.
Nel setting di arteterapia si concretizza perciò una triade: utente, arteterapeuta e immagine. Quest’ultima è uno dei vertici di questo ideale triangolo e permette col suo manifestarsi di suscitare emozioni, idee, pensieri, ricordi non solo in chi l’ha prodotta, ma anche nel terapeuta consentendo in questo modo e facilitando la comunicazione e la relazione.
Molti artisti hanno intrapreso e intraprendono gli studi per diventare arteterapeuti.
Le loro testimonianze sono davvero sorprendenti: non è facile all’inizio del percorso, per chi produce arte nelle sue manifestazioni in cui siamo soliti identificarla, spogliarsi di idee e pregiudizi che impediscono di fatto l’incontro con l’altro, la presa in carico, l’ascolto e quindi l’aiuto autentico.
Occorre allontanarsi dall’idea di arte come manifestazione del bello, esteticamente piacevole, ammirevole, che suscita elogio e apprezzamento.
L’arte è molto, molto di più: è l’espressione più autentica e vera del nostro essere, appartiene a tutti gli uomini, indistintamente, è la capacità di contattare dentro di sé immagini e tradurle attraverso i materiali artistici in questo caso, o attraverso una danza o un canto.(danzamovimentoterapia, musicoterapia)
E’ chiaro che se partiamo da questo presupposto tutto acquista nuovo significato.
L’arte è autoespressione; perciò se quello che esprimo sono le mie emozioni e i miei stati d’animo non necessariamente devono essere meravigliosi e lodevoli le mie opere. Anzi! Frequentemente esprimono rabbia, angoscia, paura.
L’utente attraverso un processo di accompagnamento, accettazione e comprensione può decodificare i significati profondi delle proprie opere e dunque rielaborarli in assenza di giudizi estetici o interpretazioni. In questo tipo di contesto l’individuo ha la possibilità di lasciar emergere la parte più vera e autentica di sé, di ascoltarsi e di intraprendere un percorso di trasformazione, alla base del cambiamento.
E’ chiaro credo, come attraverso questo approccio l’arteterapia sia uno strumento che favorisce l’integrazione di tutte le risorse di cui si è forniti per riuscire a vivere in modo più consapevole e sano, migliorando la conoscenza di sé e delle proprie potenzialità.
Promuove perciò prima di tutto un maggior benessere attraverso il consolidamento delle funzioni che permettono di avere fiducia nelle proprie capacità auto-rigenerative, facendo leva sulle risorse silenti o inespresse.
L’arteterapia aiuta a sviluppare la creatività a supporto delle difficoltà di vario tipo che si possono presentare nella vita, per arrivare ad un contatto più profondo con se stessi permettendo una crescita dell’individuo sia come singolo che all’interno di un gruppo.
Quali sono le aree di intervento dell’arteterapia?
Sicuramente l’area preventiva è di notevole rilievo: le tecniche espressive si rivelano utili per favorire una maggiore conoscenza di sé stessi anche nei momenti di cambiamento o crisi che capitano nella vita.
Passaggi evolutivi complessi, difficoltà relazionali, disregolazioni emotive, ma anche traumi, lutti, malattia, incapacità di gestire la rabbia, difficoltà di trovare confini, scarsa autostima, incapacità di prendere decisioni…
Scoprire le proprie energie creative positive e lasciarle emergere attraverso un percorso di arteterapia può rendersi davvero utile e arricchente, di grande nutrimento per l’individuo.
Poi certamente l’arteterapia trova applicazione in campo riabilitativo con persone portatrici di handicap anche in assenza di vere e proprie patologie psichiche. Il contatto coi materiali diventa un momento molto simile al gioco, all’esperienza ludica che permette di esprimersi attraverso le proprie possibilità senza ricevere giudizi o condizionamenti.
L’obbiettivo non è “ fare bene”, ma comunicare pensieri ed emozioni in modo istintivo ed autentico.
Anche uno scarabocchio diventa lo strumento per vivere il proprio corpo senza subirlo come accade spesso purtroppo a chi è portatore di una disabilità.
Pensiamo anche solo a chi, per esempio, non riesce a comunicare attraverso la parola, temporaneamente, a causa di un incidente o di un intervento, o peggio definitivamente, o ai bambini affetti da mutismo selettivo. Quanto può rivelarsi utile e necessario l’uso delle immagini e dell’arteterapia per dare voce a chi voce non ce l’ha!
Un’altra area di grande applicazione è quella terapeutica: viene infatti molto frequentemente inserita nei programmi riabilitativi in casi di handicap gravi e nei casi di disturbi psichiatrici.
In questo caso la pratica dell’arteterapia è sempre in aggiunta ai trattamenti psichiatrici o psicologici di routine: si inserisce in un lavoro di equipe fatto di molte e diverse competenze e professionalità e diventa lo strumento per scoprire e conoscere attraverso le immagini le emozioni, le sensazioni, i desideri di un pz che probabilmente non riesce a contattare dentro di sè le parole, perchè troppo dolorose o perchè difficilmente contattabili o ancora impronunciabili.
In generale l’incontro con la malattia, più o meno importante, ci fa sperimentare l’esistenza di un limite doloroso che nasce dall’interno: un vuoto, un lutto, un trauma.
Attraverso l’esperienza dell’artetrapia si rende possibile la ricerca del nascosto, del represso, del bizzarro permettendo ai vissuti, anche i più traumatici di poter uscire, di trovare una collocazione al di fuori di noi stessi, guardarli da un altro punto di vista e averne così meno paura.
Questa pratica si rivela pertanto molto utile con persone ammalate o ospedalizzate, per esempio i pz. oncologici adulti e bambini (Medical Art Therapy), con le persone ricoverate in Hospice, accompagnando così il “fine vita”, per chi ha subito traumi, lutti, violenze, per le persone dipendenti da sostanze (alcolisti, tossicodipendenti, farmacodipendenti, ludodipendenti, ecc), per le persone anziane istituzionalizzate in strutture come le RSA, per gli ammalati di Alzhaimer o Parkinson, per tutte quelle persone che frequentano i Centri di salute mentale e i Centri diurni, per i carcerati, ecc.
L’arteterapia viene in soccorso quindi in tutte quelle circostanze in cui ci sia la necessità di lasciar emergere stati difficilmente contattabili ed esprimibili verbalmente.
Quali sono i benefici dell’arteterapia?
L’artetrapia “cura” attraverso il fare artistico: l’individuo attua un riconoscimento di sé e della propria presenza in grado di lasciare un segno, una traccia.
Inoltre nel momento in cui le emozioni si traducono nell’oggetto artistico avviene un processo di autocomprensione più profonda. Riuscire a raffigurare attraverso le immagini i propri sentimenti e stati d’animo, anche i più dolorosi, esprimendoli simbolicamente in una forma visiva e concreta permette di poterli osservare come qualcosa di altro da sé.
Ecco allora che anche nelle immagini più cariche di sofferenza e di angoscia si crea uno spazio di comprensione ed elaborazione che può essere d’aiuto all’individuo nella ricerca di nuove modalità di interazione tra il proprio mondo interno e il mondo esterno (quello delle relazioni).
Entra chiaramente in gioco il processo di proiezione; non solo i nostri “dei” possono prendere dimora nel mondo esterno, ma anche i nostri demoni, rendendoci più consapevoli di noi stessi in un viaggio affascinante e unico: la scoperta di noi stessi.
Praticare l’arteterapia aumenta l’autostima, migliora l’immagine di sé, promuove il benessere e la salute intesa non semplicemente come assenza di malattia o infermità ma come “ stato di completo benessere fisico, mentale, sociale” (Def. OMS).
Nessun manuale infatti può spiegare ciò che accade dentro di noi, nel nostro mondo interiore. Lo si apprende solo tramite l’esperienza intima e personale.
Una semplice comprensione intellettuale non è sufficiente perchè si apprendano solo i termini e non la sostanza interiore dell’evento in questione.
Esperirlo è l’unico modo per riconoscerlo, comprenderlo, accoglierlo.
a cura di
Alessandra Fiorini.
Arteterapeuta ad orientamento psicodinamico
548 Reg. Naz. Arteterapeuti Italiani
(Socia A.P.I.Ar.T, Associazione
riconosciuta dal Ministero dello
Sviluppo Economico e socia A.T.I.)